Buongiorno carissime lettrici,
eccoci al termine di uno dei miei romanzi preferiti, adoro Piccole Donne (io lo sto rileggendo in lingua originale). Per questo post di fine tappa devo ringraziare
Leucosia e Simonetta che hanno realizzato per noi questo ricco post con trama e commento.
Attendo ora tutti i vostri commenti, i vostri pareri ed ogni idea :) e da oggi sotto all'ombrellone leggiamo Jane Eyre!
Votate, votate, votate il sondaggio!!!
Buona lettura e buon ferragosto!
Eri
“Natale non sarà Natale senza regali"
borbottò Jo, stesa sul tappeto.
E con questo caratteristico incipit d’apertura
ha inizio la saga romanzata delle quattro sorelle March – Meg, Jo, Beth ed Amy
– ovvero Piccole donne, l’opera più famosa di Louisa May Alcott pubblicata per
la prima volta in un unico volume nel lontano 1868.
Da quella desolante
dichiarazione sulla povertà del Natale incombente, le sorti delle quattro
fanciulle tuttavia troveranno un valido stimolo di ripresa interiore con
l’arrivo a casa della loro mamma, che reca loro una preziosa lettera del padre,
combattente al fronte nella Guerra Civile americana da poco scoppiata: nel
leggere le parole cariche di affetto del genitore lontano, le ragazze
troveranno sotto la sapiente guida materna un metodo per affrontare con gioia e con operosità i giorni a venire,
affidandosi a un vecchio gioco
d’infanzia - il gioco dei pellegrini. Da
quella serata che all’apparenza dimostrava nei cuori delle ragazze soltanto
angustie e privazioni, il cammino di vita delle singole ragazze intraprenderà
una strada via via sempre più in sintonia con le loro aspirazioni e desideri,
accogliendo sfide quotidiane ma anche drammi familiari, in una mirabile sequenza
dove capitolo dopo capitolo il romanzo risulta strutturato in un lungo arco di
tempo cha va da un Natale a quello successivo, fino alla sua degna conclusione.
Uno sguardo sulle protagoniste: le sorelle March sono quattro sorelle in fiore,
tipiche ragazze americane , anzi definite dagli amici di Laurie come delle vere
e proprie yankee, che vivono studiano e lavorano soprattutto. E’ davvero
importante per la forma mentis dell’autrice lo spiccato carattere
d’indipendenza e di autonomia che ha voluto donare alle sue personaggi, e in
un’epoca così puritana come quelle in cui si trovava a scrivere la Alcott è un
segnale da non sottovalutare assolutamente. Ognuna delle sorelle March ha un
carattere ben delineato, con pregi e difetti, e con quel talento particolare
che le rende uniche nella loro semplice genuinità: alla passione per la musica
di Beth fa da contrappunto quella per l’arte di Amy, mentre Jo il maschiaccio
di famiglia sogna di raggiungere la fama come scrittrice e infine la dolce Meg
sogna il raggiungimento dell’intimo focolare domestico.
Dal Mattino di Natale ai guanti sporchi di
limonata. In primi capitoli del
romanzo sono tutti incentrati nell’atmosfera della festività natalizie: in un primo
tempo los conforto regna per la maggiore in casa March ma il provvidenziale
gioco del pellegrino unito ai saggi consigli materni ristabiliscono l’umore
delle ragazze, che si dedicano alle loro attività preferite, come
l’allestimento di una recita familiare. Non mancherà loro di partecipare a un
ballo di Capodanno, dove Jo completerà la conoscenza del giovane Laurie
Laurence, nonostante una bruciatura di troppo sull’abito da sera e la poco
elegante presenza di un paio di guanti sporchi di limonata: una amicizia che
sboccia tra i migliori scoppi di risate, rallegrando nei mesi a venire anche gli altri componenti
della famiglia. Si instaura infatti un rapporto di vicinato unico ed esclusivo,
fatto di piccoli accorgimenti, di mani tese senza indugi, di scampagnate all’aria aperta e di veri doni doni del
cuore. Uno di questi, il più grande forse, è proprio il regalo del pianoforte
da parte del nonno di Laurie alla piccola Beth, che nonostante la sua
intramontabile timidezza, riuscirà a
superare l’ostacolo e conquisterà
l’affetto del vecchio, grazie alla semplicità di un paio di pantofole ricamate
di suo pugno.
I valori pedagogici inseriti dalla Alcott. Tra le ragazze comunque non mancano momenti
critici, fatti anche di sfide e di ripicche: in uno dei capitoli più drammatici sul rapporto tra sorelle
l’esasperazione della piccola Amy provoca un incidente al manoscritto di Jo,
che finisce bruciato nel caminetto! Alla tragedia personale delle pagine
perdute poco dopo si unisce il serio pericolo di vita in cui precipita Amy
cadendo nel fiume ghiacciato e soltanto grazie al provvidenziale aiuto di
Laurie le due ragazze riescono a cavarsela, non senza avere riflettuto su
quanto possa essere inutile e dannoso per sé
e per chi sta loro attorno un determintato tipo di atteggiamenti. La
vicenda del libro bruciato da Amy è appunto emblematica perché nella dimensione
pedagogica del romanzo che vuole dare la Alcott è indispensabile che vi sia un
richiamo utile al lettore in ogni aspetto della storia delle sorelle March.
I momenti bui. Arriva tuttavia la triste notizia, quella che nessuna di
loro avrebbe mai voluto ricevere da un telegramma: il padre al fronte è
gravemente ammalato, la madre deve correre a Washington al suo capezzale e le
ragazze devono imparare a cavarsela da sole, dando prova della loro maturità.
All’inizio , sembra proseguire tutto per il meglio, ma accade che Beth si
ammala, presa com’è ad assistere una famiglia di povere persone. Si tratta di
scarlattina, una malattia all’epoca grave, e Beth rischia seriamente la vita.
La piccola Amy è trasferita di corsa dalla vecchia zia March nonostante le
proteste vibranti e le sorelle maggiori si occupano della malata, decidendo di
comune accordo di non scrivere nulla alla madre, già così provata e soprattutto
lontana da casa. Passano giornate di freddo invernale senza nemmeno un barlume
di speranza ad allietare i cuori delle sorelle, ma la malattia di Beth evolve
in positivo, e presto è fuori pericolo. Finalmente torna anche la mamma, la
famiglia si riunisce e resto soltanto che attendere l’arrivo del ferito.
Zia March, involontario deus ex machina. In Piccole donne alberga un romanzo nel
romanzo, e si tratta di un romanzo d’amore, uno dei più delicati che abbia mai
letto. i protagonisti non sono Jo e Laurie bensì Meg e John Brooke, il
precettore di Laurie. Un legame d’altri
tempi è vero, fatto di guanti spaiati perduti e poi ritrovati, di letture dal
tedesco ad alta voce, di passeggiate all’aria aperta. Ma quello che colpisce
nel loro incontro è oltre che la semplicità con
cui è narrato, il rispetto che Brooke ha di Meg, un immenso rispetto
come donna e come lavoratrice acneh in riferimento alla sua giovane età. E
appunto veniamo alla dichiarazione d’amore tra John e Meg e allo zampino della
vecchia zia March “Vuoi sposare quel Cook?”
esordisce così storpiandogli volutamente il nome. Bene sappi che se lo sposi
non ti darò un centesimo! E grazie alle avventate parole della zia Meg affronta
il suo dilemma interiore, si ritiene orgogliosa e fiera di poter diventare
moglie di un uomo come il suo John e rompe ogni indugio.
Il fattore Jo. Nonostante la lieta novella del fidanzamento tra Meg e
Brooke, Jo purtroppo non può fare buon viso a cattivo gioco. Perché sente che
Meg sta crescendo un po’ troppo in fretta e lei non è ancora disposta a
lasciarla andare via così facilmente. Perderò un’amica! Oltre che una sorella!
Ma ancora una volta, i saggi consigli materni aiutano Jo a superare l’impatto
della notizia…certo con un pizzico di buona volontà da parte della futura
scrittrice il precettore di Meg guadagnerà infine anche al sua simpatia e il
suo bene.
La delicatezza delle piccole cose. Piccole donne si chiude così come era iniziato,
come una specie di cerchio magico, dove tutti
quanti sono finalmente al loro posto nel tepore di un salotto natalizia:
con il capofamiglia che respira aria di casa e raccoglie
impressioni sulle sue figliole, con accanto la madre che sempre guida le
figlie, e soprattutto le sorelle che vivono autenticamente il loro percorso di
crescita, accompagnate e non isolate nelle loro scelte, soprattutto accomunate
da quello spirito di sorellanza, una reale garanzia contro le avversità e gli
ostacoli della vita.
Una particolare riflessione su
Louisa May Alcott , “American Girl”
Nel preparare il commento a “Piccole donne” di Louisa
May Alcott mi sono confrontata e
documentata con la critica prevalente per dare della Nostra scrittrice una connotazione in alcuni punti
controcorrente. Infatti mi ha colpito come la sua figura di intellettuale bostoniana viene citata nel dibattito sulla ricorrenza del 150°
anniversario della Guerra di Secessione americana che ha animato il mondo
letterario e ha arricchito la discussione negli USA con l’uscita di una serie di testi
interessanti. Due argomenti hanno avuto particolare risalto: il contesto
culturale in cui maturano le posizioni anti-schiaviste e il ruolo delle donne.
Qui appunto la
critica americana inserisce il grande classico della letteratura, popolarissimo
anche in Europa, che affronta queste due tematiche, Little Women (Piccole
donne) di Louisa May Alcott.
Infatti una Docente di Letteratura Inglese presso
l’Università di Harvard, Leah Price, ha redatto
la critica per la Sunday Book Review del New York Times di due biografie
dedicate alla Alcott denominandola “American Girl”: Susan Cheever, Louisa
May Alcott, (Simon & Schuster, pp. 298,), Fruitlands. The Alcott Family and Their
Search for Utopia di Richard Francis (Yale University Press, pp. 321,).
Nella
rilettura del romanzo “Piccole donne” possiamo riscoprire una Alcott “American
Girl”, icona femminile dell’America progressista della metà dell’Ottocento?
E’ una caratterizzazione non del tutto scontata
premessa la complessità dell’autrice costretta da una parte a vestire i panni
della scrittrice di romanzi “per giovinette” (essa stessa grande lettrice di
vari autori usufruendo della ricca
biblioteca paterna), e dall’altra quelli della femminista ante litteram
che ammira la Declaration of sentiment elaborata alla Seneca Falls
Convention del 1848, infermiera al fronte durante la guerra civile, non
propensa al matrimonio, ma con una figlia- una nipote adottata dopo la morte
della sorella.
Certamente queste recenti biografie rilevano aspetti della vita dell’autrice più trasgressivi per l’epoca rispetto alle
caratteristiche attribuite al suo personaggio più riuscito, quella Josephine
March, appassionata di libri, ribelle alle regole sociali e “controcorrente”
negli interessi e nei comportamenti, che però finisce per sposarsi al termine
della seconda parte della saga delle “piccole donne”, dal titolo simbolico di
Good Wives .
Nel mio REWIND
quando ho letto “Piccole donne” da ragazzina non ero a conoscenza che questo romanzo fosse
stato da lei scritto in ottemperanza alle “richieste dell’editore” Thomas Niles
e le cui protagoniste femminili definiranno gli “archetipi”
della donna di fine 1800.
Quando
più tardi, per un’ analisi più
particolare del testo, approfondii l’argomento, conobbi la figura di Amos Bronson Alcott, educatore e
padre della scrittrice, il quale cercò
di pubblicare un suo libro presso quell’editore il quale , invece, puntò
l’attenzione su Louisa, colpito dai suoi “ Bozzetti” (racconti a carattere di diario
di bordo dal titolo
Hospital Sketches) scritti mentre era infermiera volontaria per
l’Esercito dell’Unione. Le domandò se non volesse scrivere un romanzo con delle ragazze come
protagoniste; Louisa, non del tutto convinta , desiderava piuttosto farsi
pubblicità con raccolta di racconti, ma
dopo alcuni ripensamenti ( il denaro è denaro!) provò a scrivere il romanzo
seguendo lo stesso schema dei Bozzetti.
Per i
personaggi si ispirò a se stessa e alle sue tre sorelle, mentre la maggior parte della trama si rifà
all’allegorico Viaggio del Pellegrino (1678) di John Bunyan. Come nel
poema protestante le quattro sorelle
vivono episodi ed esperienze dalle quali ogni volta vengono fuori un po’ più
sagge, più mature, migliori: insomma, una collezione di storie edificanti al
massimo grado ( anche noi abbiamo in
parte sperimentato una vita famigliare così
solidale?? Ci riconosciamo in una
delle quattro Piccole Donne?)
Oggi,dunque,
Louisa May Alcott è ricordata per un
romanzo che non aveva desiderio di scrivere e del cui risultato non era
soddisfatta benché ricredersi dopo la popolarità avuta.
Se
riflettiamo c’è dell’ironia in questo, ma è comprensibile come l’opinione
dell’autrice e dell’editore diverga così sostanzialmente da quella delle
giovani lettrici.
Letto intorno ai 12 anni , Piccole
Donne rappresenta un’educazione sentimentale “che fa sognare”. Le sorelle March
sono un po’ più grandicelle di noi piccole
lettrici (e due di loro già lavorano!),e ciò porta ad immaginarsi grandi; gli
eventi sono fatti quotidiani che
potrebbero capitare a chiunque: il
vedere ragazze che affrontano i propri
difetti, vizi e paure e trovano in ogni fine di capitolo uno spunto di crescita
è un “promemoria”costante che dà delle
indicazioni pressappoco uguali a quelle che danno genitori, insegnanti, insomma
qualunque figura di riferimento.
Da questo punto di vista il romanzo funziona mentre da quello letterario l’intento educativo può limitarlo. A mio parere i buoni principi di cui è ricco in parte limitano la narrazione il romanzo invece
di una storia si rivela come una
antologia di episodi.
Comunque la
sua notorietà è immutata nel tempo tanto
che è d’obbligo una visita virtuale alla
sua Orchard House (La casa di Concord nel Massachussets, fu acquistata dal padre Bronson, da un
contadino per 945 $. La chiamò Orchard House per la presenza d’alberi di mele!!).
“Visit the historic home of the
extraordinary Alcott family, where Louisa May Alcott wrote and set Little
Women”
http://www.louisamayalcott.org/